mapRivista - Libri
Ed. LA SCALA
mapMessa Concelebrata
Domenica ore 10:30

La festa dei santi è la festa del nostro destino, la festa della nostra vocazione. È la festa della fedeltà di Dio per noi e della nostra a Dio. Santi sono coloro che si sono lasciati afferrare pienamente dal Cristo, tanto da potere affermare con san Paolo «non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Ecco allora che il libro dell’Apocalisse ci parla di una moltitudine immensa di mamme, papà, preti, suore, uomini e donne di buona volontà che hanno vissuto integralmente e nascostamen­te sull’esempio di Gesù: poveri in spirito, operatori di pace, puri di cuore, ecc. Sono i santi “della porta accanto”, quelli della vita ordinaria e non degli altari. La vera santità infatti è cosa di tutti i giorni, è rendere straordinario l’ordinario nell’amore donato, senza “se” senza “ma”. Santità è la grazia di fare le cose più umili nel segno dell’eternità.

Il bene più grande non sta nell’avere una vita lunga, ma nel vivere una vita “risorta”, accolta come dono, volta al bene, vissuta come grazia. La morte è parte integrante della vita ed è ben per questo che bisogna vivere in pienezza ogni istante: in quel giorno nulla di buo­no andrà perduto della nostra vita né una parola né un pensiero né un gesto di attenzione. Il nostro tesoro, il nostro lasciapassare si acquista in questa vita. Anche un solo bicchiere di acqua fresca, do­nato con e per amore, sarà per noi un credito enorme nell’economia della nostra salvezza.
Bisogna, allora, prepararci, senza ansia, senza fretta, serenamente, altrimenti si spegne la speranza; altrimenti ogni morte sarà considerata come un furto, un'ingiustizia, una cattiveria atroce voluta da Dio o dal destino. Noi, infatti, per fede sappiamo che la morte non è l’ultima realtà per gli uomini, non è la fine di tutto, un buco nero che tutto ingoia senza che neanche la luce abbia possibilità di sfuggirgli. Anche il difficile passaggio della morte è illuminato dalla luce del Cristo risorto, luce che non teme alcun limite o ostacolo che la possa imprigionare. È luce eterna, vita gloriosa che sconfigge ogni tristezza e timore, che sconfigge anche la morte. È in questa consapevolez­za che la morte fisica finisce per non farci più paura, ma è attesa come passaggio naturale e ne­cessario a un altro tempo e a un altro luogo, preparato da sempre e per sempre per ciascuno di noi. Morire quindi non è un andarsene ma piuttosto un arrivare.
Ed è per questo che l’amore dei santi per noi non si spegne neanche dopo la morte. I santi però non sono da invocare solo in base ai nostri variegati bisogni, ma piuttosto dobbiamo invocare questi amici di Dio per farci svelare il segreto della loro felicità. Felicità che possiamo evangelicamente definire come beatitudine (cf. Mt 5,3-12). I Santi che accolgono in cielo i nostri morti ricordano a tutti che non ci si salva da soli, abbiamo bisogno di preghiere e di grazia. E la Chiesa ci insegna che la nostra preghiera per i morti è autentica intercessione di amore e di carità per chi ha var­cato la soglia del tempo umano. La loro risposta ritorna a noi come aiuto e consolazione, per noi che ancora siamo ancora pellegrini su questa terra. Nella nostra vita, i morti sono sì invisibili, ma non sono assenti e ci attendono per condividere con noi la loro gioia di essere amici di Dio.
In questo mese, allora, come cristiani celebriamo la misericordia di Dio per i morti e per i vivi. Con questa misericordia vogliamo vivere il nostro tempo, e in questa misericordia, alla fine dei no­stri giorni, desideriamo riposare in eterno.

Sul nostro Monastero

Accostandoti al monastero ed entrando nella sua chiesa, dove in certe ore del giorno è possibile assistere alla preghiera corale della comunità monastica, ti sarai forse chiesto: Chi sono i monaci? Che cosa fanno? Come vivono? Sono gli stessi monaci che vogliono offrire, assieme al loro cordiale saluto, una breve risposta ai tuoi interrogativi.

madonna della scala e ges bambino