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Ed. LA SCALA
mapMessa Concelebrata
Domenica ore 10:30

«Voglio abituarmi a questa colazione più monacale che mi aiuta a raggiungere i miei “appetiti” nei luoghi più nascosti, e a sradicarli via. È meglio così. Dobbiamo imparare ad affrancarci sempre più dalle necessità fisiche, dobbiamo abituare il nostro corpo a chiederci solo l'indispensabile, soprattutto per quanto riguarda il cibo, perché stiamo andando verso tempi difficili: anzi, ci siamo già.

Pubblichiamo l'introduzione di don Giulio Meiattini osb al volume di p. Giuseppe Poggi Pregare a tavola con la liturgia delle ore (recentemente ripubblicato presso la nostra casa editrice). Il contributo è stato pubblicato su La Scala 73 (2019) 98-101
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Uno dei gesti più comuni, ripetuto ogni giorno, e più volte al giorno, è il mangiare. È un atto vitale: se non si mangia, e soprattutto se non si beve, si muore. A motivo di questa sua ripetitività è diventato, specialmente nei paesi del benessere, un atto non solo abituale, ma persino abitudinario. Il cibo abbonda, anzi lo si spreca, è divenuto di facile accesso, tanto che si tende, spesso, a non cogliere più né il valore semplicemente materiale dei cibi e delle bevande né il loro valore simbolico.

La conversione di Paolo rivela la potenza della grazia, che sempre sovrabbonda dove abbonda il peccato (cf. Rm 5,20). Questa fe­sta liturgica è presente in Italia già dal sec. VIII (testimoniando la grande importanza che da sempre i cristiani hanno dato a que­sto momento di fondamentale svolta nella predicazione apostolica) e conclude, in modo significativo, la settimana dellʼunità dei cristiani (unʼiniziativa la cui data ufficia­le di nascita risale al 1908), ricordan­doci che non cʼè vero cristiane­simo, né tanto meno vero ecumenismo, senza una costante conversione.

Non vogliamo accomiatarci dal tempo natalizio sen­za gettare uno sguardo colmo di gratitudine alla figu­ra di san Giuseppe.
Giuseppe è, infatti, fondamentale nella missione di Gesù: perché se Maria ha dato un corpo a Gesù (la carne di Gesù è quella “tessuta” da Maria), Giuseppe gli ha dato un riconoscimento sociale, accogliendolo nella discendenza davidica. Così si esprime l’angelo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Ma­ria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20). Solo in quanto figlio di Davide Gesù può essere riconosciuto come re d’I­sraele. Ed era necessario che Gesù fosse discendente di Davide, per la promessa che Dio ave­va fatto al popolo eletto, come ci ricorda il sacerdote Zaccaria: «come aveva promesso / per bocca dei suoi santi profeti d’un tem­po: / salvezza dai nostri nemici, / e dalle mani di quanti ci odiano» (Lc 1,68-71). Gesù è Salvatore ed è il Messia proprio perché Giuseppe, suo padre (putativo), è della discendenza di Da­vide.

Sul nostro Monastero

Accostandoti al monastero ed entrando nella sua chiesa, dove in certe ore del giorno è possibile assistere alla preghiera corale della comunità monastica, ti sarai forse chiesto: Chi sono i monaci? Che cosa fanno? Come vivono? Sono gli stessi monaci che vogliono offrire, assieme al loro cordiale saluto, una breve risposta ai tuoi interrogativi.

madonna della scala e ges bambino